Se come me avete ancora questa passione perversa per il tenervi informati, vi sarà passata sott’occhio la copertina di Internazionale della scorsa settimana. Fascisti dell’apocalisse, di Naomi Klein e Astra Taylor. (se volete il pdf scrivetemi)
Ottavia me lo ha nominato con preoccupazione quando ci siamo incontrati per una proiezione del documentario ad Amelia, e oggi finalmente l'ho letto.
Bhé, da una parte niente di nuovo, al tempo avevo letto un vecchio reportage a cui fanno riferimento e mi fa piacere che finalmente su Internazionale si scrivano queste parole a chiare lettere.
I MILIARDARI SI STANNO PREPARANDO PER L’APOCALISSE
Ma non per finta, non quattro gatti con le manie paranoiche. Tutti quelli che sono in grado di farlo, mentre nel frattempo accelerano le crisi che ci porteranno al collasso, all’ecofascismo e Dio solo sa a quali altre fantastiche conseguenze.
Son soddisfazioni. Un altro muro che crolla, tutto sempre più reale, sempre più concreto
Negli stessi giorni, ho aperto un po’ a caso il blog di una vecchia conoscenza e ho trovato qualcosa di molto interessante.
Holland, 2018
Se non avete mai sentito nominare il professor Jem Bendell, vi siete persi un momento importante della storia recente. Nel 2018 il suo saggio “Adattamento Profondo” ebbe un impatto non indifferente sulla vita di moltissime persone, non ultima su quella di chi scrive.
Era ottobre ed io visitavo per la prima volta Amsterdam, durante un viaggio in solitaria, ed avevo passato una giornata rilassante in giro per la città; dopo aver cenato mi piazzai nella saletta semi deserta dell’ostello che mi ospitava, concedendomi un po’ di doomscrolling saltellando tra i miei gruppi Facebook mentre smaltivo gli effetti dei vari dolcetti che avevano dato energia alle mie passeggiate, incappando infine nel suddetto saggio.
Un paio di ore dopo alzavo lo sguardo su di un mondo che non era più quello in cui passeggiavo al mattino, era ormai cambiato in maniera irreparabile ed assumeva l’aspetto di qualcosa che sembrava uscito dalle mie peggiori elucubrazioni. Era tutto vero. Avevamo cagato fuori dal vaso e non si tornava più indietro. Il combinato disposto letale di crisi climatica, ecologica e sociale, il collasso generalizzato delle strutture che avrebbero potuto e dovuto rispondere ai problemi che sarebbero sorti e poco dopo quello della biosfera. Ecco il menù sul tavolo per il nostro futuro. Eccolo qui, spiegato in poco più di quaranta pagine. E avrei voluto gridarlo a chiunque conoscessi, e un po’ ci provai, ma con poco successo. Ci volle ancora un anno prima di incontrare altre persone che lo avessero letto e preso sul serio, alla prima Ribellione di Extinction Rebellion Italia, e quello che è successo poi lo sapete.
Nel frattempo sono passati un po’ di anni, qualche scommessa l’ho vinta e qualche scommessa l’ho persa, ho imparato a confrontarmi con i miei bias, a superare un approccio legato solo all’amor fati e al breve termine e ho pure cominciato ad andare a correre. Ma in generale, anche se il diluvio non è ancora arrivato, sento di aver investito bene il mio tempo e le mie risorse, perché lo scenario che abbiamo davanti è sempre più chiaro.
Il buon professor Bendell intanto ha passato gli ultimi anni a scrivere un poderoso mattone in cui riassume molto bene tantissimi aspetti del problema del collasso, si è trasferito in Indonesia, coltiva la terra e fa musica sacra, beato lui. Sul suo blog continuano ad uscire articoli interessanti, come questo, che mi sono recuperato da poco e che è stato un altro bel pezzo del puzzle da aggiungere al quadro generale e che credo completi bene le analisi che Klein e Taylor fanno nel loro.
La grande menzogna
Partendo da un finto memo confidenziale, Bendell mette sul tavolo l’elefante nella stanza, la domanda che chiunque abbia raggiunto la consapevolezza di cosa voglia dire collasso ecoclimatico si è posto almeno una volta: perché nessuno sta facendo niente?
Se seguite da un po’ i ragionamenti che stiamo portando avanti qui, ormai avrete qualche indizio.
La crisi ecoclimatica, in linea di massima, si compone di collasso della biosfera, destabilizzazione climatica globale e pericolo biologico (vecchie e nuova malattie), dati in gestione ad un sistema monetario ed economico irrazionale, maligno e che sta ormai cadendo a pezzi.
Questo scenario, nella sua composizione integrale è un taboo nei media tradizionali, che al massimo ne mostrano contemporaneamente una o due facce e non vogliono mai esplicare realmente la gravità della situazione. Gli stessi programmi di “denuncia” spesso rimangono una camera d’eco in cui si alternano testimonianze terrificanti a satira da due soldi.
Sappiamo inoltre con buona certezza (basta leggere i documenti ufficiali prodotti e diffusi annualmente) che i militari, le agenzie di sicurezza privata e i fondi speculativi sono consapevoli della gravità della situazione, e pure da un bel po’ prima di noi: lasciare nelle loro mani al discussione strategica rispetto a come affrontare i problemi che ci aspettano sarebbe incredibilmente pericoloso.
Non possiamo più escludere che una parte dei burocrati e dei politici stia venendo manovrata e tenuta all’oscuro della situazione reale da questi aggregati di potere, resi strumenti di una strategia di cui sono all’oscuro. E vorrei che per un attimo vi soffermaste su questa affermazione.
Vi invito a pensare al deputato o al senatore medio, tra il giovane arrivista che deve lottare per conquistarsi il vitalizio e il geriatrico d’apparato che aspetta l’estrema unzione per rivelare la sua verità sull’omicidio Moro. Gente che ha una sua visione del mondo, o che in caso ne ha appaltata una bella solida dal partito e che difficilmente ha voglia di fare i conti con il fatto che il sistema su cui il suo potere si regge sta cadendo a pezzi. Gente che spesso confonde il proprio compito con qualcosa che va tra l’essere un poliziotto della locale, un influencer o il promoter di interessi privati nazionali o esteri. Persone che spesso non hanno in mano gli strumenti concettuali per avere a che fare con la complessità della crisi che hanno davanti e che quindi devono affidarsi a chi hanno intorno.
Mentre leggevo questo articolo, gli incontri che negli anni ho avuto con politici eletti mi sono rimbombati nella testa, i loro occhi pieni di dubbi, dubbi magari anche legittimi, ma che poi negli anni dovrebbero essere scomparsi. Eppure siamo ancora qui e non abbiamo fatto un solo passo avanti, a livello politico istituzionale, nel riconoscere in maniera chiara la nostra situazione.
Una combinazione di ego e di egoismo, una miscela letale che impedisce qualunque discussione seria nelle aule del parlamento, un dramma di portata epocale recitato da idioti balbettanti.
Ma nel frattempo, non possiamo pensare che nel nostro paese nessuno sappia niente. O meglio, che come negli USA non ci siano degli attori politici con una consapevolezza rispetto alla situazione attuale molto più reale di quanto non vogliano far emergere con il loro costante mandare in vacca qualunque discussione. E questo ci mette davanti una delle parole chiave della politica di questi decenni: ambiguità.
Dire e non dire
La devastante inazione degli ultimi decenni ha portato al superamento di una prima soglia di riferimento nel silenzio generale (nel 2024 abbiamo raggiunto un aumento di 1,5° della temperatura media sulla superficie terrestre rispetto al periodo preindustriale) e stiamo viaggiando serenamente verso il raggiungimento dei 2° per il 2030.
Nei termini del problema per come lo abbiamo descritto nel paragrafo precedente, questo aumento significa disastri senza precedenti nel nostro paese e in tutto il mondo. Significa disruption delle catene di approvvigionamento delle industrie globali e delle nostre tavole imbandite di consumatori occidentali. Significa centinaia di milioni di persone che, in tutto il mondo, non hanno più una casa o un modo per approvvigionarsi di acqua potabile e cibo.
Ma, attenzione, sopra tutto questo aleggia un altro problema, una metacrisi: sono pochissimi i governi che sembrano voler prendere atto in maniera reale di tutto ciò, in quanto potrebbe innescare una serie di effetti incontrollabili: ondate di panico, a cui conseguirebbe il crollo della fiducia generale nella moneta, nell’infrastruttura alimentare e nei governi, quindi crisi economica causata dai mercati finanziari impazziti e, non ultima, una grande instabilità geopolitica.
Inoltre, non diamo per scontato che esista una sola “volontà” a gestire il collasso: quando parliamo di “poteri forti” usiamo il plurale proprio per manifestare apertamente questa molteplicità: i vecchi oligarchi petroliferi hanno interessi e visioni del mondo diversi da quelli dei nuovi magnati dei dati, e non è improbabile che i gruppi di interesse siano in competizione diretta nel posizionarsi in maniera favorevole davanti agli avvenimenti dei prossimi anni.
Un presidente reazionario che volesse iniziare ad affrontare tutto questo dovrebbe riportare nel proprio paese (e magari nazionalizzare) le industrie fondamentali, mettere in sicurezza i confini e riformare strategicamente le leggi sulle migrazioni, prepararsi ad acquisire nuove risorse e territori grazie al caos geopolitico che seguirà i primi momenti di collasso generale, avviare uno stringente programma di ordine pubblico e ricostruire un nuovo rapporto con la “scienza” di regime.
Non ultimo, completare quella bella rete di bunker sotterranei che casualmente le precedenti amministrazioni hanno iniziato a costruire, Dio li benedica, hanno iniziato giusto in tempo.
E dovrebbe fare tutto questo senza dirlo a nessuno.
O meglio, giustificando ogni azione all’interno di una narrazione che continui a confermare che va tutto bene, che stiamo facendo il paese di nuovo grande, che ci stiamo rendendo competitivi, che rinforziamo i confini per difenderci dal fentanyl e dai messicani criminali, che ancora stiamo affrontando gli strascichi dei danni di quelli che c’erano prima, ma poi le cose andranno meglio…
Nel frattempo, tra le altre cose, sono ormai anni che diversi stati negli USA stanno lavorando per riportare le proprie leggi sul lavoro minorile all’inizio del secolo scorso, per supplire alla mancanza di manodopera a basso costo. USA! USA!
Insieme alle misure nominate prima, serve chiaramente un buon playbook comunicativo di politiche e di dichiarazioni ad alta visibilità, per continuare l’opera di distrazione di massa portata avanti dall’esercito di utili idioti prezzolati che avete messo a gestire il mercato secondario delle idee.
Questa politica del doppio uso è applicata praticamente in ogni campo della politica di Trump, che sta sempre più chiaramente preparando il proprio paese, ed il proprio potere, ad uno scenario di potere multipolare post-collasso.
Made in Italy
La domanda successiva da porsi è quanto questa sia applicata in Italia, e la risposta viene da sé.
Una delle pulci che ho nell’orecchio in questo momento riguarda i due grandi cantieri del paese, quello della TAV e quello del ponte sullo stretto. Due opere insensate, figlie di una visione del mondo megalomane e sconnessa dalla realtà, che perso il proprio significato originario, continuano ad esistere tra necessità vecchie (i soldi pagati e le firme fatte in Europa non possono scomparire per magia, purtroppo, quindi bisogna come minimo fingere che si stia facendo qualcosa) ed opportunità nuove: incredibile ma vero, l’attuale governo si trova in mano due aree fortemente militarizzate proprio dove il transito umano potrebbe incrementarsi nei prossimi anni.
Il transito di chi fuggirà da e attraverso una Sicilia che ormai più che una regione italiana sembra davvero il Nord Africa, per clima, infrastrutture e trasparenza democratica, e che sembra sempre di più destinata a diventare una enorme zona di sacrificio, così come il transito di chi già ora passa dalle valli del Piemonte per arrivare nell’Europa centrosettentrionale.
Che comodità, è tutto già pronto o poco meno, e quello che manca si rimedia alla svelta: leggi per proteggere i cantieri, per proteggere i poliziotti che li difendono, per schedare chi li contesta, oltre che ai soldi per tenere tutta questo baraccone in piedi.
Ironico come i cantieri di opere destinate ad unire siano in realtà dei paravento per dei posti di guardia.
Ritorno alla realtà
Dopo questo passaggio nella fantascienza, vi invito a prendervi un minuto per respirare, centrarvi, digerire tutti i pensieri che la lettura vi ha provocato. Dopo di ché, la domanda da porsi è sempre la stessa:”Che fare?”
I miei 50 cents sono questi:
- digerite emozionalmente quello che avete letto, fatelo leggere ad altre persone e discutetene, parlate di come vi fa sentire, prima di tutto, e poi di cosa vi sentite di poter e voler fare davanti a tutto questo
- scrivete alle persone che vi rappresentano in comune, in regione, in parlamento, se ne avete, chiedendo risposte ed un confronto pubblico su questi temi, magari coinvolgendo i movimenti per la giustizia climatica e sociale che avete più vicino.
La “democrazia”, intesa come quel guscio vuoto di forme e di retorica che vorrebbero spacciarci come il culmine ineguagliabile di un processo storico eccezionale, sta per finire. Ancora qualche crisi, ancora un po’ di paura, ancora un paio di anni e se non avremo realmente organizzato una risposta collettiva, tutto quello che ancora teneva a freno le pulsioni autoritarie verrà spazzato via da questi porci bastardi. E direi che non è qualcosa che vogliamo permettere.
Se vi sentite baciat* sulla fronte da qualche Dio,
se vi siete accort* che esiste una condizione umana ed una possibilità di realismo inquieto nel viverla,
se sapete leggere quello che i giornali non scrivono,
se non vi intendete di politica ma non per questo ascoltate Giuseppe Cruciani,
ma anche se non avete mai pensato nulla di tutto questo perché il vostro span di attenzione ormai è di 5 secondi netti,
fatevi coraggio, il mondo è vostro, la situazione è eccellente.
Ultima Generazione, Extinction Rebellion, Fridays for Future, i CCCP e tutta l’umanità sono con voi
TJ